Informativa 16/20107 Rimborso TARI per l’utenza domestica
RIMBORSO TARI PER L’UTENZA DOMESTICA
TARI: come chiedere il rimborso
Il contribuente deve presentare una apposita istanza, ma il Comune potrebbe anche effettuare il rimborso d’ufficio, eventualmente imputando la somma da rimborsare alle rate della tassa dovuta per il 2018.
ADEMPIMENTI
RIMBORSO TARI
- PER L’UTENZA DOMESTICA
In questi giorni è stato dato ampio spazio mediatico al tema del diritto al rimborso TARI per quei cittadini che hanno subito un calcolo “erroneo” della tassa da parte del comune che ha considerato la quota variabile tante volte per quante sono le pertinenze legate all’abitazione (utenza domestica). In pratica, in presenza di abitazione cui è legata la pertinenza, diversi comuni hanno considerato la quota variabile della TARI due volte: la prima per l’abitazione, la seconda per la pertinenza. Il MEF, invece, con la Circolare n. 1/Df/2017 ha bocciato tale modus operandi.
In sede di premessa è utile ricordare che la TARI (Tassa sui rifiuti), è stata istituita dall’art. 1, comma 639, della Legge n. 147/2013, quale componente dell’imposta unica comunale (IUC). Oltre alla TARI, compongono la IUC anche l’IMU e la TASI.
TARI |
|
Soggetto passivo |
Esclusioni |
Chiunque possieda / detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, a qualunque uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti |
· le aree scoperte pertinenziali o accessorie a civili abitazioni, quali i balconi e le terrazze scoperte, i posti auto scoperti, i cortili, i giardini e i parchi; · le aree comuni condominiali di cui all’art. 1117 c.c. che non siano detenute o occupate in via esclusiva, come androni, scale, ascensori, stenditoi o altri luoghi di passaggio o di utilizzo comune tra i condomini; · le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili ad eccezione delle aree scoperte operative (comma 641, art. unico legge 147/2013). |
ATTENZIONE |
|
Se nel corso dell’anno c’è stata detenzione temporanea (ossia per una durata non superiore a 6 mesi), la TARI è dovuta dal solo possessore / detentore a titolo di proprietà, usufrutto, uso, abitazione o superficie. |
La tassa si articola in:
- Utenza domestica (per tale deve intendersi quella comprensiva sia delle superfici adibite a civile abitazione sia delle relative pertinenze – Circolare n. 1/Df/2017);
- Utenza non domestica;
E si compone di:
- Quota fissa (determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio);
- Quota variabile (rapportata alle quantità di rifiuti conferiti).
ATTENZIONE |
I proventi derivanti dalla tariffa devono consentire la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio, nonché i costi dello smaltimento dei rifiuti. Inoltre, ai sensi del comma 659 dell’art. 1, della Legge n. 147/2013, in ragione della potestà regolamentare riconosciuta dall’articolo 52, del D.Lgs. n. 446/97, il Comune può introdurre riduzioni e/o esenzioni ed il minor gettito derivante da tali agevolazioni deve trovare copertura con apposite autorizzazioni di spesa e deve essere assicurata con ricorso a risorse derivanti dalla fiscalità generale del Comune stesso. |
- L’utenza NON domestica
Le utenze non domestiche sono suddivise in categorie omogenee, sulla base della quantità potenziale di produzione del rifiuto connesso alla tipologia di attività. Per esse:
Utenza NON domestica |
|
Quota |
Definizione |
Fissa | E’ determinata applicando alla superficie imponibile le tariffe per unità di superficie riferite alla tipologia di attività svolta, calcolate sulla base di coefficienti di potenziale produzione secondo le previsioni di cui al punto 4.3, all.1, del Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158. |
Variabile | E’ determinata applicando alla superficie imponibile le tariffe per unità di superficie riferite alla tipologia di attività svolta, calcolate sulla base di coefficienti di potenziale produzione secondo le previsioni di cui al punto 4.4, all.1, del Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158. |
Al fine di individuare le aree di pertinenza di fabbricati detenuti da utenze non domestiche, si fa riferimento alle superfici ove viene svolta l’attività da parte del soggetto passivo o comunque ove vengono prodotti rifiuti in quanto aree operative. Alle aree ed ai locali di pertinenza, viene applicata la tariffa vigente per la classe di appartenenza dell’insediamento principale.
Chiarimenti MEF per l’utenza domestica
Quanto alla strutturazione della tariffa, l’art. 5, comma 1 del D.P.R. n. 158 del 1999 prevede che:
- la parte fissa per le utenze domestiche è determinata secondo quanto specificato nel punto 4.1 dell’allegato 1 allo stesso D.P.R. e, quindi, in base alla superficie e alla composizione del nucleo familiare.
Per la parte variabile della tariffa, il comma 2 dell’art. 5 in esame stabilisce che:
- questa “è rapportata alla quantità di rifiuti indifferenziati e differenziati specificata per kg, prodotta da ciascuna utenza”. Tuttavia, se non è possibile misurare i rifiuti per singola utenza, il comma 4 dello stesso art. 5 stabilisce che la quota variabile della tariffa relativa alla singola utenza viene determinata applicando un coefficiente di adattamento secondo la procedura indicata nel punto 4.2 dell’allegato 1 al D.P.R. n. 158 del 1999.
Utenza domestica |
|
Quota |
Definizione |
Fissa | E’ determina in base alla superficie e alla composizione del nucleo familiare |
Variabile | E’ rapportata alla quantità di rifiuti indifferenziati e differenziati specificata per kg, prodotta da ciascuna utenza |
Nella Circolare di cui in premessa Il MEF, al riguardo, si è espresso in tal senso:
Orientamento MEF |
|
Quota |
Definizione |
Fissa | “La quota fissa di ciascuna utenza domestica deve essere calcolata moltiplicando la superficie dell’alloggio sommata a quella delle relative pertinenze per la tariffa unitaria corrispondente al numero degli occupanti dell’utenza stessa” |
Variabile | La quota variabile è costituita da un valore assoluto, vale a dire da un importo rapportato al numero degli occupanti che non va moltiplicato per i metri quadrati dell’utenza e va sommato come tale alla parte fissa. |
Come anticipato in premessa, molti Comuni in presenza di pertinenza legata all’abitazione, hanno computato due volte la quota variabile della TARI, conteggiandola sia per l’abitazione sia per la pertinenza. Secondo il MEF, invece, tale modus operandi è da ritenersi bocciato poiché non trova fondamento in alcuna disposizione normativa o di prassi. In particolare il Dipartimento delle Finanze si è così espresso:
- “Con riferimento alle pertinenze dell’abitazione appare corretto computare la quota variabile una sola volta in relazione alla superficie totale dell’utenza domestica. Un diverso modus operandi da parte dei comuni non troverebbe alcun supporto normativo, dal momento che condurrebbe a sommare tante volte la quota variabile quante sono le pertinenze, moltiplicando immotivatamente il numero degli occupanti dell’utenza domestica e facendo lievitare conseguentemente l’importo della TARI”.
Conclusioni del MEF
Con riferimento alle pertinenze dell’abitazione appare, dunque, corretto computare la quota variabile una sola volta in relazione alla superficie totale dell’utenza domestica (mq dell’abitazione + mq della pertinenza). Se così non fosse, infatti, ne deriverebbe un’evidente disparità di trattamento nel caso di due nuclei familiari con lo stesso numero di componenti ed a parità di superfice calpestabile dell’utenza.
Il rimborso
Laddove il contribuente riscontri un errato computo della parte variabile effettuato dal comune o dal soggetto gestore del servizio rifiuti, lo stesso può richiedere il rimborso del relativo importo.
Non sono previste particolari formalità ma l’istanza deve indicare alcuni elementi essenziali, ossia:
- tutti i dati necessari a identificare il contribuente;
- l’importo versato e quello di cui si chiede il rimborso;
- i dati identificativi della pertinenza che è stata computata erroneamente nel calcolo della TARI.
Domanda di rimborso |
||
Dove va presentata | Entro quando |
Note |
Al comune di ubicazione dell’utenza domestica oppure alla società di riscossione (se il comune ha affidato a questa la gestione della TASSA | 5 anni dal giorno del versamento | · Il rimborso potrà essere chiesto solo per le annualità 2014 (anno in cui la Tari fu istituita) e successive (non è possibile, quindi, chiedere il rimborso della TARSU, per la quale erano previste regole diverse da quelle della Tari, ossia non era prevista, tranne in alcuni casi, la ripartizione della stessa in quota fissa e variabile);
· Il rimborso non potrà essere richiesto nel caso di comuni che hanno introdotto in luogo della TARI, una tariffa avente natura corrispettiva, in applicazione del comma 668 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013. |
Il MEF, infine precisa che:
- i regolamenti comunali di disciplina della TARI in molti casi non contengono un’espressa e univoca previsione in ordine alle concrete modalità di calcolo della tassa nell’ipotesi di cui si tratta, potendosi manifestare l’errore in sede di applicazione degli atti regolamentari ai fini dell’emissione degli inviti di pagamento che specificano le somme dovute per ogni utenza. Qualora, peraltro, i comuni abbiano adottato disposizioni il cui contenuto si riveli difforme rispetto ai criteri di calcolo in questa sede chiariti, si invitano gli stessi a procedere ai necessari adeguamenti delle proprie previsioni regolamentari.
COSA FARE
La TARI non è auto liquidata dal contribuente ma è calcolata direttamente dal comune in cui si trova l’utenza interessata. Il cittadino, pertanto, riceve già i bollettini da utilizzare per il versamento in cui è indicato l’importo da pagare. Dunque, ci si chiede:
- cosa occorre fare per capire se il comune ha agito in difformità a quanto chiarito dal MEF nella circolare in commento?
In genere ai bollettini si accompagna anche un prospetto dettagliato di calcolo, in cui tra l’altro è indicato:
- l’utenza oggetto di tassazione;
- i componenti il nucleo familiare;
- gli estremi catastali dell’immobile;
- la superficie tassata;
- la quota fissa e la quota variabile per ciascuna utenza.
Perciò, prima di rivolgersi eventualmente al comune e capire se ci sono gli estremi per la presentazione di una richiesta di rimborso, è opportuno esaminare attentamente il predetto prospetto.
L’eventuale contenzioso
Nel caso in cui il contribuente presenti domanda di rimborso, il comune, se ritiene fondate le pretese, ha 180 giorni di tempo per erogarlo. Ciò è quanto si legge all’ultimo periodo del dal comma 164 della Legge n. 296/2006:
- “Il rimborso delle somme versate e non dovute deve essere richiesto dal contribuente entro il termine di cinque anni dal giorno del versamento, ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione. L’ente locale provvede ad effettuare il rimborso entro centottanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza”.
Tempi per il rimborso | |
Entro quando va presentata la domanda | Entro quando il comune provvede al rimborso |
5 anni dal giorno del versamento | Entro 180 giorni dalla richiesta |
Qualora il cittadino non vedesse accettarsi il diritto al rimborso, può agire in via giudiziaria presentando ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale competente. Al riguardo c’è da precisarsi che il diniego da parte del comune può essere:
- espresso;
- tacito.
Diniego al rimborso | |
Espresso | Tacito |
Il comune espressamente risponde al cittadino informandolo (con apposta comunicazione) che non ha diritto al rimborso esponendone (obbligatoriamente) le motivazioni | Si configura mediante la regola del silenzio – rifiuto. In particolate esso si configura decorsi 90 giorni dalla domanda di rimborso (art. 21 D. Lgs. 546/1992) |
Il ricorso può essere presentato:
- entro 60 giorni dalla comunicazione del diniego al rimborso, in caso di diniego espresso;
- entro i termini previsti da ciascuna legge d’imposta e fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto (5 anni per la TARI).
Termini per il ricorso | |
Diniego espresso | Diniego Tacito |
Entro 60 giorni dalla notifica della comunicazione per il diniego | Entro 5 anni |
ATTENZIONE |
Poiché la normativa non appare univoca, si consiglia di attendere 180 giorni dalla presentazione della domanda di rimborso, prima di presentare eventualmente il ricorso. Si è, infatti, detto che il comune eroga quest’ultimo entro 180 giorni. Si tenga, inoltre, presente che se la gestione della TARI è stata affidata dal comune ad una società di servizi esterna, il ricorso va presentato avverso quest’ultima. |
TARI: COME CHIEDERE IL RIMBORSO
In caso di calcolo erroneo, da parte del comune o del soggetto che gestisce il servizio, della tariffa per le utenze domestiche con pertinenze, per il contribuente scatta il diritto al rimborso della TARI versata in eccesso. Oltre alla TARI deve essere rimborsato anche il tributo provinciale ambientale. Il contribuente deve presentare una apposita istanza, ma il Comune potrebbe anche effettuare il rimborso d’ufficio, eventualmente imputando la somma da rimborsare alle rate della tassa dovuta per il 2018. Cosa deve contenere l’istanza per il rimborso? Con quali modalità ed entro quali termini deve essere presentata?
Il Governo (nella risposta del 18 ottobre 2017 all’interrogazione parlamentare n. 5-10754) e il Dipartimento delle Finanze del MEF (nella circolare n. 1/DF del 20 novembre 2017) hanno chiarito che la parte variabile della tariffa della tassa dei rifiuti (TARI) nelle utenze domestiche va computata una sola volta, considerando l’intera superficie dell’utenza composta sia dalla parte abitativa sia dalle pertinenze.
Pertanto, nel caso in cui il comune o il soggetto gestore del servizio rifiuti abbiano applicato la quota variabile più volte – una volta per l’abitazione e tante volte quanto sono le pertinenze – il contribuente ha diritto al rimborso della tassa pagata più del dovuto.
Nella circolare n. 1/DF/2017, il Dipartimento delle Finanze, in merito al rimborso, chiarisce quanto segue:
– il contribuente, nel caso in cui riscontri un errato computo della parte variabile effettuato dal comune o dal soggetto gestore del servizio rifiuti, può richiedere il rimborso del relativo importo, solo relativamente alle annualità a partire dal 2014, anno in cui la TARI è stata istituita dalla legge n. 147/2013, quale componente dell’imposta unica comunale (IUC);
– l’istanza, che non richiede particolari formalità, deve contenere tutti i dati necessari a identificare il contribuente, l’importo versato e quello di cui si chiede il rimborso nonché i dati identificativi della pertinenza che è stata computata erroneamente nel calcolo della TARI;
– l’istanza di rimborso deve essere proposta, a norma dell’art. 1, comma 164, legge n. 296/2006, entro il termine di cinque anni dal giorno del versamento;
– non è possibile chiedere il rimborso relativamente alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), governata da regole diverse da quelle della TARI, che non prevedevano, tranne in casi isolati, la ripartizione della stessa in quota fissa e variabile.
– non si può procedere alla richiesta di rimborso laddove i comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico, hanno introdotto – in luogo della TARI – una tariffa avente natura corrispettiva, in applicazione dell’art. 1, comma 668, legge n. 147/2013.
Tributo provinciale per l’esercizio delle funzioni ambientali (TEFA)
Il rimborso non riguarderà la sola TARI pagata in eccesso rispetto al dovuto, ma anche il tributo ambientale provinciale che il comune o il gestore hanno calcolato sulla TARI erroneamente determinata.
Il TEFA è disciplinato dall’art. 19, D.Lgs. n. 504/1992. A decorrere dal 1° gennaio 1993 è istituito un tributo annuale a favore delle province ai fini di tutela ambientale, le tariffe in materia di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, a fronte dell’esercizio delle funzioni amministrative di interesse provinciale, riguardanti l’organizzazione dello smaltimento dei rifiuti, il rilevamento, la disciplina ed il controllo degli scarichi e delle emissioni e la tutela, difesa e valorizzazione del suolo.
Il tributo è commisurato alla superficie degli immobili assoggettata dai comuni alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani ed è dovuto dagli stessi soggetti che, sulla base delle disposizioni vigenti, sono tenuti al pagamento della predetta tassa. Con delibera della giunta provinciale il tributo è determinato in misura non inferiore all’1% né superiore al 5% delle tariffe per unità di superficie stabilite ai fini della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani.
Il tributo è liquidato e iscritto a ruolo dai comuni contestualmente alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e con l’osservanza delle relative norme per l’accertamento, il contenzioso, la riscossione e le sanzioni. Al comune spetta una commissione, posta a carico della provincia impositrice, nella misura dello 0,30% delle somme riscosse, senza importi minimi e massimi.
Infine, l’ammontare del tributo, riscosso in unito alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, previa deduzione della corrispondente quota del compenso della riscossione, è versato dal concessionario direttamente alla tesoreria della provincia.
Il tributo nel corso degli anni ha subito abrogazioni, modificazioni ed integrazioni.
L’art. 19 è stato modificato da errata-corrige (G.U. 14 gennaio 1993, n. 10) e, successivamente, abrogato dall’art. 264, comma 1, lettera n), D.Lgs. n. 152/2006. In seguito, la lettera n) citata è stata a sua volta soppressa dall’art. 2, comma 44, D.Lgs. n. 4/2008, che ha altresì fatto salva, dalla data di entrata in vigore del medesimo D.Lgs. n. 4/2008, l’applicazione del tributo.
L’art. 20, D.Lgs. n. 68/2011 prevede che spettino alle province gli altri tributi ad esse riconosciuti nei termini previsti dalla legislazione vigente che costituiscono tributi propri derivati; conseguentemente, è fatta salva l’applicazione del tributo per l’esercizio delle funzioni di tutela, protezione e igiene dell’ambiente – TEFA previsto dall’art. 19, D.Lgs. n. 504/1992.
Infine, la legge n. 147/2013 istitutiva della TARI fa salva l’applicazione del tributo provinciale per l’esercizio delle funzioni di tutela, protezione ed igiene dell’ambiente di cui all’art. 19, D.Lgs n.504/1992 in ordine alla TARI.
Il tributo provinciale ambientale, attualmente in vigore, è gestito dal comune o dal soggetto gestore del servizio.
Le Province con apposito regolamento disciplinato il riversamento, da parte del Comune o del soggetto gestore, del TEFA applicato alla TARI. Il Comune o il soggetto gestore in sede di riversamento delle somme riscosse a titolo di TEFA trattengono la commissione di competenza, al netto dei rimborsi effettuati.
In genere nel regolamento, per quanto riguarda il rimborso del tributo ambientale, vengo inseriti i seguenti periodi: “I comuni o i soggetti gestori del servizio di riscossione della TARI effettuano i rimborsi ai contribuenti delle somme non dovute a titolo di tributo ambientale (TEFA) anticipando le somme necessarie nel caso in cui gli importi erroneamente versati dai contribuenti siano già stati riversati alla provincia. La provincia successivamente alla presentazione del rendiconto annuale effettua il pagamento ai comuni o ai soggetti gestori delle somme anticipate per conto della provincia”.
In conclusione, i rimborsi a titolo di TEFA sono effettuati dal comune o dai soggetti gestori del servizio. L’istanza di rimborso, pertanto, non deve essere presentata alla Provincia.
E’ necessaria l’istanza di rimborso?
La legge n. 147/2013 stabilisce che in materia di TARI si applicano le disposizioni di cui all’art. 1, commi da 161 a 170, legge n. 296/2006. Il comma 164 di quest’ultima legge stabilisce che “il rimborso delle somme versate e non dovute deve richiesto dal contribuente ”.
Non è disciplinato il rimborso ad iniziativa del comune. Il rimborso ad iniziativa del comune era previsto in materia di ICI dall’art. 11, comma 1, D.Lgs. n. 504/1992 (comma successivamente abrogato).
Sebbene non sia disciplinato il rimborso d’ufficio e considerato che l’erroneo versamento non è dovuto ad errori del contribuente (ma da una interpretazione erronea delle norme da parte del comune o del soggetto che gestisce il servizio) e che questi ultimi soggetti impositori hanno tutti gli elementi per effettuare la riliquidazione della TARI (e del TEFA), si è dell’avviso che si può procedere alla riliquidazione e al rimborso d’ufficio (magari, imputando la somma da rimborsare alle rate della tassa dovuta per il 2018). Così facendo si eviterebbero le istanze di rimborso e le attività in capo ai contribuenti.
Nella circolare n. 1/DF/2017 il Dipartimento delle Finanze, peraltro, non fa alcuna menzione al rimborso d’ufficio.
Istanza di rimborso o istanza di riliquidazione /rimborso
Nella circolare n. 1/DF/2017 il Dipartimento delle Finanze chiarisce che il contribuente, nel caso in cui riscontri un errato computo della parte variabile effettuato dal comune o dal soggetto gestore del servizio rifiuti, può richiedere il rimborso del relativo importo.
Si è dell’avviso che da un punto di vista sostanziale si debba chiedere al comune o al soggetto gestore del servizio la riliquidazione della tassa (e del TEFA) e il conseguente rimborso (delle somme versate non dovute a titolo di TARI e di TEFA), alla luce della risposta all”interrogazione parlamentare e dei chiarimenti forniti dal MEF con la circolare n. 1/DF/2017.
Annualità da rimborsare
Il contribuente, nel caso in cui riscontra un errato computo della parte variabile effettuato dal comune o dal soggetto gestore del servizio rifiuti, può richiedere il rimborso relativamente alle annualità a partire dal 2014, anno in cui la TARI è stata istituita.
Contenuto dell’istanza di rimborso
L’istanza, che non richiede particolari formalità, deve contenere tutti i dati necessari a identificare il contribuente, l’importo versato e quello di cui si chiede il rimborso nonché i dati identificativi della pertinenza che è stata computata erroneamente nel calcolo della TARI. In tal senso i chiarimenti contenuti nella circolare n. 1/DF/2017.
I comuni per il rimborso generico della TARI hanno predisposto un apposito modello. Si potrebbe adattare questo modello per il rimborso in questione.
Con l’istanza, da redigersi in carta semplice, può essere richiesto il rimborso per più annualità.
Termine per chiedere il rimborso
La legge n. 296/2006 stabilisce che “il rimborso delle somme versate e non dovute deve essere richiesto dal contribuente entro il termine di cinque anni dal giorno del versamento, ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione. L’ente locale provvede ad effettuare il rimborso entro centottanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza”.
Il termine di 5 anni può scattare:
– dal giorno del versamento;
– dal giorno in cui è stato accertato il diritto alla restituzione.
Il Dipartimento delle Finanze ha chiarito che l’istanza di rimborso deve essere proposta, a norma dell’art. 1, comma 164, legge n. 296/2006, entro il termine di cinque anni dal giorno del versamento. Nulla dice circa la decorrenza dal giorno in cui è stato accertato il diritto alla restituzione. È pur vero che il diritto al rimborso non scaturisce da una apposita disposizione di legge, ma è anche vero che il diritto al rimborso scaturisce dalla risposta, datata 18 ottobre 2017, in cui il Governo dà l’interpretazione alle disposizioni di legge che regolano la materia.
È da prevedersi una discussione circa il giorno di decorrenza del termine per la presentazione dell’istanza di rimborso.
Rifiuto o silenzio rifiuto
Il Comune provvede ad effettuare il rimborso entro 180 giorni dalla data di presentazione dell’istanza. Questo termine è da intendersi anche per l’eventuale diniego al rimborso.
Scaduto il termine senza alcuna attività del Comune, il rimborso si intende negato: silenzio-rifiuto. Scatta la facoltà per il contribuente di effettuare ricorso innanzi alla Commissione tributaria provinciale. Il termine di 180 giorni è indicatorio.
Interessi
Sulle somme rimborsate sono dovuti gli interessi. La legge n. 296 del 2006 stabilisce che per i tributi locali, e quindi per la TARI, “la misura annua degli interessi è determinata, da ciascun ente impositore, nei limiti di tre punti percentuali di differenza rispetto al tasso di interesse legale. Gli interessi sono calcolati con maturazione giorno per giorno con decorrenza dal giorno in cui sono divenuti esigibili. Interessi nella stessa misura spettano al contribuente per le somme ad esso dovute a decorrere dalla data dell’eseguito versamento”.