Informativa 15/2018 Acquisti Intracomunitari
ACQUISTI INTRACOMUNITARI DI BENI
In caso di acquisti intracomunitari di beni, debitore dell’imposta è il soggetto che ha effettuato l’acquisto, salvo che si rientri nell’ipotesi delle c.d. “triangolazioni comunitarie”.
I soggetti nazionali che effettuano tali acquisti devono innanzitutto comunicare all’altra parte contraente il proprio numero di partita IVA, come integrato agli effetti delle operazioni intracomunitarie.
In relazione a tali operazioni, inoltre, si applica il sistema dell’integrazione della fattura emessa dal fornitore UE secondo le regole fissate dagli articoli 46 e 47 del D.L n. 331/1993.
Pertanto, il soggetto nazionale deve provvedere a numerare ed integrare (nel corpo del documento stesso) la fattura emessa dal fornitore UE con la dicitura “inversione contabile”, con indicazione in euro del corrispettivo, degli altri elementi che concorrono a formare la base imponibile nonché dell’ammontare dell’imposta.
Laddove, invece, l’acquisto venga effettuato senza pagamento dell’imposta (non imponibile ecc.), nella fattura deve essere riportato, in luogo dell’imposta, il titolo di inapplicabilità della stessa con l’eventuale indicazione della relativa norma comunitaria o nazionale.
Sul documento devono essere, poi, riportati il numero progressivo di emissione delle fatture attive nonché quello relativo alle fatture di acquisto.
È possibile, tuttavia, attribuire alla fattura estera una sola numerazione, valida sia per le annotazioni sul registro degli acquisti che per quelle sul registro delle vendite.
Inoltre, agli operatori che utilizzano una contabilità basata su sistemi meccanografici, è consentito effettuare l’integrazione su altro documento appositamente emesso dall’acquirente (contenente data della fattura e numero progressivo ad essa attribuito da quest’ultimo), da allegarsi e conservarsi unitamente alla fattura estera.
Laddove, poi, l’acquirente nazionale riceva dal fornitore UE una fattura elettronica, lo stesso, non essendo tale fattura modificabile, è tenuto ad emettere un altro documento, contenente tutte le informazioni previste in caso di ordinaria integrazione.
Più esattamente, allorché tale ultimo documento sia in formato elettronico, quest’ultimo deve essere allegato alla fattura del fornitore UE e reso immodificabile mediante apposizione del riferimento temporale e della firma elettronica qualificata.
Laddove, invece, il medesimo venga emesso in formato cartaceo, si potrà convertire il documento integrativo emesso dall’acquirente nazionale in formato elettronico o, alternativamente, materializzare la fattura elettronica, in modo tale da conservare congiuntamente i due documenti.
Per quanto riguarda, poi, la determinazione della base imponibile, occorre far riferimento ai criteri ordinari previsti dal decreto IVA (D.P.R. n. 633/1972).
A questo punto, le fatture emesse dal fornitore unionale, una volta integrate dal soggetto nazionale, devono essere da quest’ultimo annotate, distintamente dalle altre fatture (su apposita colonna o, in caso di contabilità meccanografica, mediante codicistica) e con l’indicazione anche del corrispettivo delle operazioni espresso in valuta estera, sul registro delle fatture o in quello dei corrispettivi, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di ricevimento della fattura e con riferimento al mese precedente.
Le stesse devono essere, inoltre, annotate, distintamente, anche nel registro degli acquisti (art. 25 del decreto IVA), entro i termini ordinari).
Gli importi relativi agli acquisti intracomunitari di beni partecipano, altresì, alla liquidazione periodica dell’imposta e confluiscono, poi, in dichiarazione IVA annuale (attualmente rigo VJ9 del quadro VJ).
L’ammontare di tali acquisti deve essere, poi, riportato anche nel quadro VF, in corrispondenza della relativa aliquota.
Infine, l’acquirente intracomunitario dovrà valutare in merito alla presentazione degli elenchi Intrastat.
In base all’attuale normativa, infatti, è previsto l’obbligo di presentazione, ai soli fini statistici, degli elenchi riepilogativi con riferimento a periodi mensili soltanto nel caso in cui l’ammontare totale trimestrale degli acquisti di beni sia, per almeno uno dei quattro trimestri precedenti, uguale o superiore a 200.000 euro.
Attenzione: In caso di mancata ricezione della fattura emessa dal fornitore UE entro il secondo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, l’acquirente nazionale è tenuto ad emettere, entro il giorno 15 del mese seguente (quindi, entro il giorno 15 del terzo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione) ed in unico esemplare, un’autofattura. L’adempimento in questione va, tuttavia, posto in essere soltanto nel caso in cui l’acquirente nazionale sia a conoscenza dell’effettuazione dell’operazione o, comunque, abbia eseguito il pagamento. Allorché, invece, sul documento del cedente UE sia indicato un corrispettivo inferiore a quello reale, il soggetto nazionale è tenuto ad emettere fattura integrativa, entro giorno 15 del mese successivo a quello di registrazione del documento originario.In entrambi i casi, l’autofattura emessa deve essere annotata sul registro delle vendite entro il termine di emissione della autofattura ma con riferimento al mese precedente nonché sul registro degli acquisti, in quest’ultimo caso entro gli ordinari termini previsti per l’esercizio del diritto a detrazione.L’esigibilità dell’imposta sorge, invece, il secondo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione nel caso di mancato invio della fattura estera e nel mese di registrazione della fattura incompleta inviata dal soggetto comunitario nell’ipotesi di fattura UE non corretta.
In cosa consiste
L’IVA sugli scambi intracomunitari di beni è basata sul regime “transitorio”, il quale prevede la tassazione nel Paese di destinazione, con cessione in uno Stato membro e corrispondente acquisto in un altro Stato membro.
Per quanto riguarda il nostro Paese, si configura un acquisto intracomunitario di beni in caso di acquisizione a titolo oneroso della proprietà o di altro diritto reale di godimento sugli stessi, spediti o trasportati nel territorio dello Stato dal cedente, nella qualità di soggetto passivo d’imposta, ovvero dall’ acquirente o da terzi per loro conto:
Requisiti di un acquisto intracomunitario
- a) Soggettività passiva in capo ad entrambi i soggetti coinvolti
- b) Acquisizione della proprietà dei beni o di altro diritto reale di godimento sugli stessi
- c) Spostamento fisico del bene da un Paese UE ad un altro
- d) L’acquisto deve avvenire a titolo oneroso
- e) Deve trattarsi comunque di beni unionali o comunque immessi in libera pratica nella UE, laddove provenienti da un Paese terzo
Sono, in particolare, imponibili ad IVA gli acquisti intracomunitari di beni effettuati nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese, arti e professioni, o comunque da enti non commerciali soggetti passivi nel territorio stesso.
L’acquisto intracomunitario, nello specifico, si considera effettuato nel territorio dello Stato allorché l’acquirente dei beni sia ivi soggetto d’imposta (non si fa riferimento, quindi, al codice identificativo IVA, come, invece, fa la direttiva 2006/112/CE), salvo che sia comprovato che lo stesso è stato assoggettato ad imposta in altro Stato membro di destinazione della merce.
Inoltre, è comunque effettuato senza pagamento dell’imposta l’acquisto intracomunitario di beni spediti o trasportati in altro Stato membro se i beni stessi risultano ivi oggetto di successiva cessione a soggetto d’imposta nel territorio di tale Stato o ad ente ivi assoggettato ad imposta per acquisti intracomunitari e se il cessionario risulta designato come debitore dell’imposta relativa.
Per quanto concerne, poi, la misura dell’imposta, le aliquote applicabili all’operazione di acquisto intracomunitario sono le stesse applicate nel territorio dello Stato per la cessione dello stesso bene, secondo quanto previsto, sul piano interno, dall’art. 16 del D.P.R. n. 633/1972.
In base allo stesso principio, sono non imponibili, non soggetti o esenti dall’imposta gli acquisti intracomunitari di beni la cui cessione in Italia presenta le stesse caratteristiche.
Attenzione: Si configura un acquisto intracomunitario anche in caso di introduzione nel territorio dello Stato, da parte o per conto di un soggetto passivo, di beni provenienti da altro Stato membro nonché nell’ipotesi in cui, per finalità rientranti nell’esercizio dell’impresa, vengano introdotti nel nostro Paese beni provenienti da altra impresa esercitata dallo stesso soggetto in altro Stato membro. In questi ultimi casi, la base imponibile dell’operazione è rappresentata dal prezzo di acquisto o, in mancanza, dal prezzo di costo dei beni o di beni simili, determinati nel momento in cui si effettua il trasferimento.
Beni oggetto di perizie o successive operazioni di perfezionamento
In caso di introduzione nel territorio dello Stato di beni oggetto di perizie o di operazioni di perfezionamento o di manipolazioni usuali ai sensi, rispettivamente, dell’art. 1, comma 3, lettera h), del Regolamento del Consiglio delle Comunità europee 16 luglio 1985, n. 1999, e dell’art. 18 del Regolamento dello stesso Consiglio 25 luglio 1988, n. 2503, non si configura un acquisto intracomunitario soltanto laddove i beni siano successivamente trasportati o spediti al committente, soggetto passivo d’imposta, nello Stato membro di provenienza.
Tale disposizione è stata introdotta nel sistema nazionale IVA con la legge 29 luglio 2015, n. 15, in vigore dal 18 agosto 2015, a seguito della sentenza della Corte di Giustizia della UE 6 marzo 2014, cause riunite C 606/12 e C 607/12, che aveva di fatto sancito la non conformità alla direttiva 2006/112/CE della previgente disciplina nazionale con riferimento alla tipologia di operazione descritta.
In particolare, era previsto che, in caso di introduzione dei beni in Italia, l’imposta non si applicasse anche nell’ipotesi in cui i beni lavorati fossero spediti o trasportati per conto del committente, anziché nello Stato membro di provenienza, in un altro Stato membro oppure al di fuori della UE.
La disposizione di riferimento nell’ambito della direttiva 2006/112/CE è l’art. 17, paragrafo 2, lettera f), il quale dispone che non si considera trasferimento a destinazione di un altro Stato membro la spedizione o il trasporto di un bene ai fini della prestazione di un servizio resa al soggetto passivo e avente per oggetto la perizia o lavori riguardanti il bene materialmente eseguiti nel territorio dello Stato membro di arrivo della spedizione o del trasporto del bene qualora il bene, al termine della perizia o dei lavori, sia rispedito al soggetto passivo nello Stato membro a partire dal quale era stato inizialmente spedito o trasportato.
Il successivo paragrafo 3 dello stesso articolo 17 della menzionata direttiva unionale stabilisce, invece, che, allorché tale condizione non sia più soddisfatta, il bene si considera trasferito a destinazione di un altro Stato membro.
Ebbene, tale disposizione della direttiva unionale in materia di IVA è stata interpretata dalla Corte di Giustizia della UE, nell’ambito della sopra menzionata sentenza, nel senso che, affinché la spedizione o il trasporto di un bene non venga qualificata come trasferimento a destinazione di un altro Stato membro, detto bene, dopo l’esecuzione dei lavori che lo riguardano nello Stato membro d’arrivo della spedizione o del trasporto, deve necessariamente essere rispedito al soggetto passivo nello Stato membro a partire dal quale esso era stato inizialmente spedito o trasportato.
Ciò significa, in sostanza, che il trasferimento di un bene in un altro Stato membro non deve essere qualificato come cessione intracomunitaria soltanto qualora esso venga effettuato in vista dell’esecuzione di un’operazione di trasformazione del bene medesimo seguita dalla sua rispedizione nello Stato membro di origine. Diversamente, secondo la Corte UE, deve applicarsi l’IVA e ciò anche nell’ipotesi in cui i beni vengano inviati in un altro Paese.
A seguito di ciò, la normativa nazionale è stata adeguata alla descritta sentenza comunitaria, previa modifica dell’art. 38 del D.L. n. 331/1993, secondo il contenuto sopra riportato.
Conseguentemente, i committenti comunitari, nel caso in cui spediscano in Italia per lavorazioni beni destinati successivamente ad essere inviati, per loro conto, in Paesi, UE o extra UE, diversi da quello di provenienza, sono ora obbligati ad aprire nel nostro Paese una posizione IVA (rappresentante fiscale o identificazione diretta).
Attraverso tale posizione fiscale, gli stessi devono provvedere ad applicare l’imposta al momento dell’introduzione dei beni nel territorio nazionale nonché ad assolvere agli adempimenti concernenti la successiva cessione intracomunitaria o esportazione effettuata a partire dall’Italia.
Soggetti interessati
Tutti i soggetti interessati ad effettuare un acquisto intracomunitario di beni in Italia.
Beni esclusi
Non si configura un acquisto intracomunitario in caso di introduzione di beni temporaneamente utilizzati per l’esecuzione di prestazioni di servizi ovvero di beni che, se importati, beneficerebbero dell’ammissione temporanea in esenzione totale dai dazi doganali (es. beni introdotti in occasione di fiere).
Per tali operazioni, tuttavia, la presenza dei beni nel territorio dello Stato non può oltrepassare il limite temporale di 24 mesi di permanenza nel territorio nazionale (cfr. risoluzione 19 giugno 2008, n. 252/E).
Analogamente, non costituisce un acquisto intracomunitario di beni, ma una operazione interna (ai sensi dell’art. 7-bis, comma 3, del decreto IVA), l’introduzione nel territorio dello Stato dei seguenti beni:
- gas mediante un sistema di gas naturale situato nel territorio della UE o mediante una rete connessa a tale sistema;
- energia elettrica;
- calore o freddo mediante reti di riscaldamento o di raffreddamento.
A tale riguardo, occorre innanzitutto evidenziare che, ai fini IVA, l’energia elettrica, il gas, il calore, il freddo e simili sono assimilati, a norma dell’art. 15, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE, a beni materiali.
Per tali beni, tuttavia, il luogo di effettuazione della cessione non può essere determinato in base al criterio generale del luogo in cui gli stessi si trovano fisicamente dal momento che in relazione ad essi risulta impossibile stabilire un nesso tra la transazione e il flusso materiale dei beni in quanto questi ultimi sono fisicamente difficili da rintracciare e, allo stesso tempo, sussistono, a livello europeo, differenti disposizioni nazionali di diritto civile in materia di determinazione del tempo e del luogo di cessione relativa ai beni in questione.
Non costituiscono, altre sì, acquisti intracomunitari gli acquisti di beni laddove il cedente benefici nel proprio Stato membro dell’esonero disposto per le piccole imprese (si tratta, infatti, in questo caso di una cessione interna al Paese estero) nonché quelli relativi a beni usati assoggettati al regime del margine nello Stato membro di provenienza.
Relativamente a questi ultimi beni, in particolare, l’imposta viene assolta nello Stato membro del cedente, secondo le speciali regole del regime del margine, mentre non si applica la disciplina prevista dal D.L. n. 331/1993.
Non costituisce un acquisto intracomunitario l’introduzione nel territorio dello Stato, in esecuzione di una cessione, di beni destinati ad essere ivi installati, montati o assiemati dal fornitore o per suo conto.
Le cessioni di beni mobili spediti da altro Stato membro installati, montati o assiemati nel territorio dello Stato dal fornitore o per suo conto sono, infatti, rilevanti ai fini IVA in Italia (cfr. art. 7-bis, comma 1, D.P.R. n. 633/1972). La circostanza, quindi, che detti beni partano da un Paese UE per essere trasportati nel nostro Paese è, in questa ipotesi, del tutto irrilevante poiché è assorbente il fatto che tali beni siano stati installati, montati o assiemati nel territorio italiano. Inoltre, diversamente da quanto previsto proprio in relazione agli acquisti intracomunitari di beni, lo spostamento della territorialità nel Paese in cui la merce è destinata riguarda sia i casi in cui gli acquirenti italiani sono soggetti passivi Iva sia le ipotesi in cui i destinatari sono, invece, privati non soggetti IVA (consumatori finali).
Ancora, con riferimento a tale tipologia di operazione, il fornitore estero è tenuto obbligatoriamente ad identificarsi direttamente ai sensi dell’articolo 35-ter del DPR n. 633 del 1972 o a nominare un rappresentante fiscale in Italia laddove le operazioni siano effettuate nei confronti di acquirenti non soggetti passivi o, ancora, nel caso in cui le stesse siano rese nei confronti soggetti passivi stabiliti fuori dalla UE.
Per quanto concerne, poi, il trasferimento da parte del fornitore unionale dei beni in Italia, tale operazione è irrilevante ai fini dell’IVA in quanto il momento impositivo risulta integrato esclusivamente all’atto della successiva consegna degli stessi, previa installazione, montaggio o assemblaggio (C.M. n. 13/1994).
Soltanto in questo momento, infatti, il soggetto italiano acquirente dovrà registrare in “reverse charge” la fattura consegnata dal soggetto estero, ai sensi dell’art. 17, secondo comma, del D.P.R. n. 633/1972.
La base imponibile relativa a tale cessione (interna), infine, è rappresentata dall’intero ammontare dei corrispettivi dovuti, compresi, quindi, quelli relativi alla prestazione di installazione, montaggio o assiemaggio.
CASI PARTICOLARI
Acquisti da parte di enti ed associazioni non soggetti passivi
Si considerano acquisti intracomunitari anche gli acquisti a titolo oneroso di beni, spediti o trasportati da altro Stato membro nel territorio dello stato, effettuati da parte di enti, associazioni e altre organizzazioni non soggetti passivi d’imposta (art. 38, comma 3, lettera c), del D.L. n. 331/1993), ossia di enti, associazioni ed altre organizzazioni di cui all’art. 4, quarto comma, del D.P.R. n. 633/1972, aventi tali caratteristiche. Tuttavia, ai fini di semplificazione, non costituiscono acquisti intracomunitari gli acquisti di beni effettuati, nel limite dell’ammontare annuo di euro 10.000, dagli enti non commerciali senza partita IVA.
L’imposta si applica, dunque, nel Paese di origine purché l’ammontare degli acquisti intracomunitari effettuati nell’anno precedente non abbia superato il sopra riportato limite, e fino a quando tale limite non sia superato in corso d’anno. Nell’ammontare annuo di euro 10.000, si calcolano anche gli eventuali acquisti a distanza ma non, invece, quelli di mezzi di trasporto nuovi e di prodotti soggetti ad accisa.
I soggetti in questione hanno, tuttavia, la possibilità di optare per l’applicazione dell’IVA in Italia, a norma dell’art. 38, comma 6, del D.L. n. 331/1993. L’opzione ha validità sino a quando non sia revocata e, comunque, fino al compimento del biennio successivo all’anno nel corso del quale è esercitata, sempreché ne permangano i presupposti.
Analoga disciplina, per quanto riguarda l’applicazione della descritta soglia di 10.000 euro, è prevista anche con riferimento ai soggetti passivi che effettuano solo operazioni senza diritto a detrazione ai sensi dell’art. 19, comma 2, D.P.R. n. 633/1972 nonché ai produttori agricoli e ittici che applicano il regime speciale di cui all’art. 34, D.P.R. .n. 633/1972.
CASI PARTICOLARI
Mezzi di trasporto nuovi
In questa ipotesi, si considerano acquisti intracomunitari da assoggettare all’imposta sul valore aggiunto nel Paese di destinazione gli acquisti a titolo oneroso di mezzi di trasporto nuovi provenienti da altro Stato membro e ciò anche se il cedente non è soggetto d’imposta e pur se gli stessi non sono effettuati nell’esercizio di imprese, arti e professioni.
Mezzi di trasporto (destinati al trasporto di persone o di merci)
- Imbarcazioni di lunghezza superiore a 7,5 metri, escluse quelle destinate ad attività commerciali o della pesca o ad operazioni di salvataggio o di assistenza in mare
- Aeromobili con peso totale al decollo superiore a 1.550 Kg, esclusi quelli destinati ad imprese di navigazione aerea che effettuano prevalentemente trasporti internazionali
- Veicoli con motore di cilindrata superiore a 48 c.c. o potenza superiore a 7,2 Kw, desti-nati al trasporto di persone o cose
Attenzione: Pertanto, anche una vendita di mezzi di trasporto nuovi realizzata tra due privati di due Stati membri diversi configura un acquisto intracomunitario di beni. Anche in questo caso, la finalità della norma è quella di evitare che acquisti di beni di rilevante valore e facilmente trasportabili vadano a localizzarsi negli Stati a fiscalità più leggera
Mezzi di trasporto “nuovi”
- Imbarcazioni di lunghezza superiore a 7,5 metri che hanno navigato meno di 100 ore oppure sono vendute prima che siano passati tre mesi dalla prima immatricolazione
- Aeromobili con peso totale al decollo superiore a 1.550 kg che hanno volato meno di 40 ore oppure sono venduti prima di tre mesi dalla prima immatricolazione
- Veicoli terrestri con motore superiore a 48 cc. o con potenza superiore a 7,2 Kw che hanno percorso meno di 6 mila chilometri oppure sono venduti prima di sei mesi dalla prima immatricolazione
Attenzione: Va, tuttavia, evidenziato che, a norma dell’art. 2 del reg. UE 282/2011, nelle seguenti ipotesi non si configura un acquisto intracomunitario di mezzi di trasporto:
- a) trasferimento di un mezzo di trasporto effettuato da una persona che non è soggetto passivo all’atto del cambiamento di residenza, sempre che, al momento della cessione, non potesse essere applicata l’esenzione da IVA.
- b) reintroduzione di un mezzo di trasporto, effettuata da una persona che non è soggetto passivo, nello Stato membro in cui le era stato originariamente fornito attraverso una cessione intracomunitaria.
CASI PARTICOLARI
Consignment stock
L’acquisto intracomunitario si realizza, in questo caso, soltanto nel momento in cui il cliente nazionale preleva dal deposito i beni inviati dal fornitore comunitario. Al momento del ricevimento della merce, corredata da apposito documento commerciale, da parte del fornitore UE, l’acquirente nazionale provvede, infatti, soltanto ad annotare la movimentazione dei beni nell’apposito registro di cui all’art. 50, comma 5, del D.L. n. 331/1993, contenente tutte le informazioni necessarie al fine di individuare la merce (tipologia, quantità e qualità della merce, Paese di provenienza dei beni, causale della ricezione).
Dall’annotazione su tale registro decorre, inoltre, il periodo di 12 mesi durante il quale è possibile mantenere la merce stoccata nel deposito in virtù del contratto di consignment stock. All’atto dell’estrazione dei beni (o allo scadere del termine di 12 mesi), si realizza il passaggio di proprietà della merce, con emissione di fattura da parte del soggetto UE.
Acquisti intracomunitari di veicoli
con nuovi obblighi di comunicazione anche fenomeni evasivi ed elusivi dell’IVA.
Il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti ha adeguato le procedure di controllo telematico dei dati relativi ai veicoli importati in Italia ed oggetto di acquisto intracomunitario, al fine di contrastare e prevenire efficacemente anche fenomeni evasivi ed elusivi dell’IVA.
I nuovi obblighi di comunicazione sono definiti dal D.M. 26 marzo 2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 5 aprile e in vigore dalla stessa data.
In particolare, il decreto stabilisce che i soggetti operanti nell’esercizio di imprese, arti e professioni che effettuano acquisti di autoveicoli, di motoveicoli e di rimorchi provenienti da Stati UE o aderenti allo spazio economico europeo attraverso canali di importazione non ufficiali, comunicano al Dipartimento per i trasporti i dati riepilogativi dell’operazione.
Tali soggetti assolvono gli obblighi connessi a tali acquisti intracomunitari, mediante versamento, con modello F24 Elide dell’imposta relativa alla prima cessione interna.
I soggetti che non operano nell’esercizio di imprese, arti e professioni comunicano al Dipartimento per i trasporti i dati riepilogativi degli acquisti a qualsiasi titolo effettuati di autoveicoli, di motoveicoli e di rimorchi, nuovi o usati, in altri Paesi UE. Gli stessi soggetti, nel caso di acquisto di veicoli nuovi, assolvono l’obbligo del versamento dell’IVA mediante modello di versamento F24 Elide.
La comunicazione al Dipartimento dei Trasporti è effettuata anche nel caso di cessione a soggetti esteri degli autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, non immatricolati in Italia.
Le case costruttrici di autoveicoli, di motoveicoli e di rimorchi assolvono alla comunicazione attraverso la trasmissione telematica, al sistema informativo centrale del Dipartimento per i trasporti terrestri, dell’abbinamento dei numeri di telaio con i rispettivi codici di antifalsificazione dei veicoli da immatricolare. Per le case costruttrici costituite all’estero, la trasmissione telematica dell’abbinamento può essere effettuata esclusivamente per il tramite delle loro società costituite in Italia, regolarmente iscritte al Registro delle imprese e partecipate in via maggioritaria, o della loro stabile organizzazione italiana ovvero, in assenza, per il tramite dei loro mandatari unici ed esclusivi accreditati presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Assolti gli adempimenti di comunicazione, agli autoveicoli, ai motoveicoli e ai rimorchi di provenienza comunitaria è assegnato un codice di immatricolazione o un numero di omologazione dal competente ufficio della motorizzazione civile.
Nota bene: I documenti relativi all’acquisto del veicolo di provenienza comunitaria e all’eventuale cessione, devono essere conservati sino al 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui si è realizzata l’operazione.
Cosa deve essere comunicato
La comunicazione dei soggetti operanti nell’esercizio di imprese, arti e professioni, relativa a ciascun autoveicolo, motoveicolo e rimorchio oggetto dell’acquisto intracomunitario, contiene:
- il codice fiscale e la denominazione del cessionario residente in Italia tenuto alla comunicazione;
- il numero di identificazione individuale nonché la denominazione del fornitore, ovvero i dati anagrafici del fornitore desunti dalla copia di un suo documento d’identità qualora quest’ultimo non sia soggetto passivo IVA;
- il numero di telaio dell’autoveicolo, del motoveicolo e del rimorchio oggetto dell’acquisto con l’indicazione se si tratta di veicolo nuovo o usato, nonché l’eventuale data di prima immatricolazione all’estero (tali informazioni sono tratte, a seconda dei casi, dal certificato di omologazione comunitario o dalla carta di circolazione, emessa nel Paese UE di provenienza del veicolo e prodotta in visione in originale al momento della comunicazione, dalla quale deve potersi rilevare l’avvenuta radiazione per “esportazione”);
- la data e il prezzo di acquisto del veicolo (tali informazioni sono tratte dal documento di acquisto prodotto in visione in originale al momento della comunicazione).
La comunicazione dei soggetti non operanti nell’esercizio di imprese, arti e professioni contiene:
- il codice fiscale, il nome e il cognome del soggetto non operante nell’esercizio di imprese, arti e professioni intestatario del documento d’acquisto, tenuto alla comunicazione, a nome del quale sarà immatricolato il veicolo;
- il numero di identificazione individuale nonché la denominazione del soggetto passivo d’imposta intracomunitario, ovvero i dati anagrafici del fornitore desunti dalla copia di un suo documento d’identità qualora quest’ultimo non sia soggetto passivo d’imposta;
- il numero di telaio dell’autoveicolo, del motoveicolo e del rimorchio oggetto dell’acquisto, con l’indicazione se si tratta di veicolo nuovo o usato, nonché l’eventuale data di prima immatricolazione all’estero (tali informazioni sono tratte, a seconda dei casi, dal certificato di omologazione comunitario o dalla carta di circolazione, emessa nel Paese UE di provenienza del veicolo e prodotta in visione in originale al momento della comunicazione, dalla quale deve potersi rilevare l’avvenuta radiazione per “esportazione”);
- la data e il prezzo di acquisto del veicolo (tali informazioni sono tratte dal documento di acquisto prodotto in visione in originale al momento della comunicazione);
- il codice fiscale dell’intermediario delegato a presentare la comunicazione, a titolo gratuito e in via occasionale, nei casi in cui questa non sia effettuata personalmente dal privato acquirente.
Nel caso di cessione a soggetti esteri degli autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, non immatricolati in Italia, entrambi i soggetti devono produrre una comunicazione contenente:
- il codice fiscale e la denominazione del soggetto residente tenuto alla comunicazione;
- il numero di telaio e il codice di immatricolazione ovvero il numero di omologazione del veicolo con l’indicazione, a seconda dei casi, se si tratta di veicolo nuovo o usato;
- la data e il prezzo dell’acquisto, nonché l’eventuale data di prima immatricolazione all’estero;
- la data della cessione;
- il numero di fattura (per i soli soggetti operanti nell’esercizio di imprese, arti e professioni) ed il prezzo di cessione;
- i dati identificati dell’acquirente straniero.
Come e quando comunicare i dati
Per i soggetti operanti nell’esercizio di imprese, arti e professioni, le comunicazioni possono essere effettuate:
- tramite collegamento telematico diretto con il CED della Direzione generale per la motorizzazione, previa richiesta di accreditamento;
- presso un ufficio della motorizzazione civile;
- avvalendosi di un soggetto autorizzato all’esercizio di attività di consulenza per la circolazione dei mezzi di trasporto e abilitato all’utilizzo della procedura telematica dello sportello telematico dell’automobilista.
Per i soggetti non operanti nell’esercizio di imprese, arti e professioni, la comunicazione può essere effettuata alternativamente:
- presso un ufficio della motorizzazione civile;
- avvalendosi di un soggetto autorizzato all’esercizio di attività di consulenza per la circolazione dei mezzi di trasporto, e abilitato all’utilizzo della procedura telematica dello sportello telematico dell’automobilista.
Il termine per l’invio della comunicazione é stabilito in 15 giorni successivi all’effettuazione dell’acquisto e, in ogni caso, prima della data di presentazione della domanda di immatricolazione. Lo stesso termine é previsto nel caso di comunicazione conseguente alla cessione a soggetti esteri degli autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, non immatricolati in Italia.